Aerei da naso: Maule MX-7

Aerei da Naso è una nuova rubrica qui su AvioHub…un pilota giovane ma con esperienza, pilota di linea e Class Rating Instructor, con diverse abilitazioni (dal traino alianti all’acrobazia aerea a motore), ci parla dei cosiddetti “aerei da naso”…

INTRO

Ma, come vola il…?
Ah, è un aereo da naso.

Ma siamo proprio sicuri?

Quante volte ci è capitato di sentirci rispondere così, solitamente da qualche “manicone” del locale aeroclub, ad una nostra domanda riguardante un aeroplano un po’ diverso dal solito? Uno di quegli aeroplani che solo pochi piloti selezionati riescono a domare a costo di fatiche enormi e rischi inenarrabili?
A me in otto anni di volo è capitato spesso, eppure mi son sempre chiesto: ma sarà vero? Ed è così che, grazie a circostanze propizie ed ottimi istruttori ho iniziato a volare con alcuni di questi aeroplani “mangia piloti” per scoprire se la loro famigerata reputazione è meritata o sono solo “voci da aeroclub”.


I-AIMA, Mx-7 180 B. Questo è il primo aeroplano tailwheel che trovereste sfogliando mio libretto di volo: è quello con cui ho imparato a gestire il simpatico balletto tra giri e MAP, ad atterrare dritto, a rimbalzare bene, a frenare con gli alluci e non con i piedi, a pilotare fino al parcheggio. E’ un aeroplano che ho imparato a conoscere nel tempo facendoci un po’di tutto in qualche centinaio di voli ed è l’unico che, ad oggi, sento come una seconda pelle…ma non è stato sempre così, anzi!

Come potete immaginare le voci che giravano al club su quell’aeroplano generavano presagi nefasti: “…è difficilissimo!”, “…rimbalza come un canguro!”, “…ha il baricentro sull’antenna, si cappotta solo a guardarlo!”, “…una bava di vento al traverso e perdi il controllo!” blah, blah, blah.

Non proprio il massimo per infondere fiducia in un neo-brevettato con una manciata di ore, vero? Eppure, dopo aver preso l’abilitazione e con il passare delle ore mi sono reso conto che non solo non è un aeroplano mangia-piloti ma è un ottimo velivolo con cui affrontare i primi passi nel magico mondo degli aeroplani con ruotino di coda.



Ma bando alle ciance, vediamo com’è fatto.

Al suolo, l’aeroplano ha un look unico che lo rende facilmente riconoscibile: monoplano monomotore ad ala alta in alluminio con doppio montante, pianta rettangolare, profilo piano-convesso, diedro trascurabile. Piani di coda non profilati, a montante singolo, intelati così come la fusoliera in traliccio di tubi saldati, quattro posti, tre comode porte e un portellone, quel particolare raccordo che, con un’elegante doppia curvatura forma l’enorme complesso del timone-deriva, intelato pure quello. Il tutto è sorretto da un robustissimo carrello principale, ammortizzato idraulicamente, posizionato poco davanti ai montanti dell’ala e dal ruotino di coda che troviamo sistemato alla fine di un robusto balestrino.

  • Maule alla scuola di volo Fly e Joy
  • Maule I-AIMA in atterraggio a San Mauro

L’aeroplano non è particolarmente grande misurando 9.40m di larghezza, 7.16m in lunghezza e poco meno di due metri dall’antenna al pavimento dell’hangar con un peso massimo al decollo di 1134kg (e un carico utile sorprendente).

Il motore è l’ubiquitoso Lycoming O-360-C1F da 180hp che, accoppiato con un’elica Hartzell a giri constanti consente di ottenere più di sette ore di autonomia dai 275 litri (!!!) di carburante a bordo, convenientemente divisi in due serbatoi principali e due ausiliari con pompe elettriche di trasferimento.

Peculiarità dell’aeroplano sono i piccoli alettoni, collegati a loro volta ad un’aletta compensatrice sul timone, ed i plain flap manuali di generose dimensioni aventi cinque posizioni: 48°, 40°, 24°, 0° e -7° per la crociera.

La velocità di crociera al 65% (22″/2300) si aggira intorno ai 105 KT con un consumo di circa 35 litri-ora. Se abbiamo fretta un bel 25″/2500 ci regalerà 120 KT al costo di 45 litri-ora. La VNE è a 185 mph, lo stallo clean a 61 mph, lo stallo tutto fuori a sole 47 mph…miglio più miglio meno.
Leggenda narra che la tangenza massima si aggiri attorno ai 15’000 ft, ma non mi son mai preso la briga di verificarla visti i tempi biblici necessari a raggiungerla con il motore aspirato.

“Ma come si sta dentro?” – “Un salotto.”

L’accesso a bordo è relativamente agevole grazie alle tre porte: una per il pilota, una per l’istruttore incazzoso ed una per i passeggeri situata sul lato destro della fusoliera. Altro segno distintivo del Maule è il portello del vano bagagli che, se aperto congiuntamente alla porta dei passeggeri crea un enorme apertura sul fianco destro dell’aeroplano dalle cavernose dimensioni di 131cm x 72cm: molto comoda qualora decideste di portare il vostro tosaerba a vedere il mondo dall’alto.

Ma torniamo a noi: per accomodarci sulla nostra poltroncina di prima fila possiamo usufruire di un comodo predellino per ogni lato (perfetto per scorticarsi le tibie in estate) posizionato subito dietro l’attaccatura dei montanti utilizzando la seguente tecnica: piede esterno sul predellino, una mano sul montante l’altra sul sedile, piegamento del busto e slancio della gamba interna verso la pedaliera al grido di oplà. Torsioni varie fino a sistemarsi, sperando che l’ultimo pilota abbia avuto la cortesia di tirare indietro il sedile prima di scendere.

Esercizi ginnici terminati ci si accorge che il Maule è in realtà un aeroplano molto comodo! Le poltroncine sono morbide ed accoglienti (ma non ci si sprofonda) e lo schienale, seppur non regolabile, offre un buon supporto alla schiena e non causa dolori anche nei voli più lunghi…e chiunque abbia volato con un C152 sa quanto ciò sia importante. I sedili sono regolabili longitudinalmente ma la corsa è contenuta in una ventina di centimetri o poco più quindi se siete più bassi di 160cm munitevi di cuscinone.

Una volta chiuse le porte lo spazio a bordo è adeguato in tutte le direzioni, la visibilità anteriore è discreta grazie al cruscotto molto sottile, luminosità e ventilazione sono buone. Temo però che il progettista della Maule non fosse particolarmente alto: difatti, nonostante i miei 190cm mi aiutino a vedere ben oltre il musone in rullaggio (e ho ancora due dita di spazio sopra la testa!) la lunghezza delle gambe, o meglio, l’altezza delle ginocchia dal pavimento diventa un problema in atterraggio quando il ginocchio destro si trova perfettamente incastrato tra la leva dei flap in posizione full ed il volantino durante la flare. Non ottimale, ma si impara a conviverci molto presto, soprattutto una volta scoperto che gli alettoni, sotto le 60 mph, sono poco più di un optional.

La disposizione di comandi e strumenti è tradizionale e generalmente ben organizzata. Partendo dalla nostra caviglia sinistra incontriamo il selettore del carburante a quattro posizioni: off, left, both, right. Non comodissimo da raggiungere in volo ma abbastanza intuitivo nell’utilizzo a tatto una volta imparate le posizioni. Non ha la sicura per prevenire la selezione accidentalmente della posizione off ma ogni cambio è accompagnato da un sonoro click che rende l’operazione piacevolmente volontaria.

Nota interessante riguardo i serbatoi è il generoso afflusso di carburante al serbatoio sinistro ad opera delle pompa di recupero: volando per un paio d’ore su both non è insolito ritrovarsi con il serbatoio destro a secco ed il sinistro pieno, ergo, si consiglia un attento bilanciamento dei serbatoi in volo senza affidarsi ciecamente alla regola dei trenta minuti tipica dei Piperozzi.

Davanti a noi troviamo il basso e largo cruscotto diviso in due parti: una superiore contenente strumenti di volo, avionica e strumenti motore, ed una inferiore con il gruppo manette, primer, switch elettrici, trim del timone, e pirulini vari. Scendendo ancora sulla mezzeria, a metà strada tra i sedili e le pedaliere troviamo infine la ruota del trim dell’equilibratore e la già citata comodissima leva dei flap.

Le poltroncine anteriori sono indipendenti mentre i passeggeri possono beneficiare di un comodo e morbidissimo divanetto a due posti in un pezzo unico. L’abitabilità nei posti dietro è buona anche per i passeggeri più alti.

Le cinture sono a tre punti, di tipo automobilistico, per tutti e quattro gli occupanti.

Dietro il divanetto dei passeggeri c’è infine un generoso compartimento bagagli facilmente accessibile a terra ed in volo dal volume di circa otto confezioni da sei bottiglie di vino ciascuna.

Una piccola nota a margine riguarda il peso e centraggio dell’aeroplano: essendo il Maule progettato come equivalente alato di un robusto pick-up possiamo, una volta rimosso il divanetto posteriore, collocare nel cavernoso compartimento di carico più o meno qualsiasi cosa riusciamo ad infilarci: ci sono foto di piloti americani con una moto da cross a bordo!

Ne consegue che l’aeroplano è stato proporzionato in maniera tale da consentire una generosa escursione del baricentro sistemando carchi considerevoli in posizione decisamente arretrata: non dovrebbe sorprendervi dunque che gli 80kg del sottoscritto, uniti al pieno dei serbatoi principali facciano cadere il baricentro esattamente sul limite anteriore, con tutti i conseguenti effetti indesiderati sull’autorità dell’elevatore, soprattutto in fase di richiamata…problema che negli anni ho imparato a mitigare con l’ausilio super hi-tech di un pacco da sei bottiglie d’acqua minerale strategicamente collocato nel bagagliaio.

“Ma come vola?”

Ora che siamo comodamente sistemti a bordo è giunto il momento di dare vita a questo intreccio di tubi e tela. Completata la before start checklist è il turno di: master ON, miscela ricca, elica tutta avanti, dalle due alle sette primerate, 2 cm di manetta e chiave su Start. Il motore gira, tossisce, borbotta fino a stabilizzarsi intorno ai 1000 rpm con quell’allegro scoppiettio ritmico tipico del motore boxer a quattro cilindri.

Attenzione: ricordiamoci della generosa pompa di recupero! Se il serbatoio sinistro è pieno e abbiamo fatto la messa in moto sul destro nel giro di qualche minuto ci troveremo a spargere carburante sulla pista dallo sfiato del serbatoio.

Una volta completata la after start checklist è il momento di fare i primi passi fuori dal parcheggio: volantino alla pancia, collo ben allungato per vedere davanti, un po’ di motore e siamo in movimento. Fin dai primi metri ci accorgiamo della docilità del Maule in rullaggio: il carrello principale a carreggiata stretta non teme le taxiway accidentate smorzando velocemente le oscillazioni sul rollio indotte dalle asperità del terreno. In condizioni normali il controllo direzionale è facile ed intuitivo grazie al ruotino di coda collegato tramite due molle al timone e, qualora questo non dovesse essere sufficiente, un piccolo colpetto dei potenti freni a disco dal lato desiderato ci consente di girarci agilmente su noi stessi in spazi estremamente contenuti. La pedaliera stessa è molto ben posizionata e dimensionata in modo da consentire l’operazione su tutta la sua (poca) escursione tenendo i talloni saldamente piantati sul pavimento della cabina.

Le cose diventano decisamente più divertenti in caso di vento al traverso: come vi ho già accennato in precedenza il segno distintivo del Maule è l’enorme deriva accoppiata ad un timone relativamente piccolo e questa combinazione, potete ben immaginare, offre al vento una superficie laterale considerevole su cui imporre la sua volontà ma non ci fornisce molte armi per cercare di contrastare l’effetto bandiera. Timone, alettoni, freni, smotorate…tutto fa brodo, basta andar dritti.

Una volta arrivati più o meno elegantemente al punto attesa è il momento delle prove motore, della before takeoff checklist, emergency briefing e di un rapido self-briefing su quello che ci stiamo accingendo a fare: il decollo con il Maule non è una faccenda particolarmente complicata, almeno con la versione da 180 hp, ma prendersi qualche secondo per valutare bene le condizioni di vento, pista, orografia e conseguente configurazione dei flap non fa male di certo .

Meditazione terminata, è il momento di allinearsi sulla pista: piano piano andiamo a cercare di indovinare la mezzeria (quasi completamente nascosta dal largo musone) e, prima di fermarci, faremo qualche metro dritti in modo da essere sicuri di avere il ruotino allineato con la direzione in cui vogliamo decollare.

Volantino tutto al vento se ce n’è, un ultimo sguardo a flap, trim e santino di Padre Pio, via i freni e dolcemente diamo tutto motore spingendo simultaneamente il volantino tutto avanti. L’accelerazione è discreta, l’imbardata a sinistra contenuta e facilmente contrastabile con la pedaliera. Un rapido sguardo ai parametri motore e la coda inizia a sollevarsi gentilmente aumentando di poco l’imbardata a sinistra e portandoci in equilibrio sul carrello principale, consentendo quindi al timone di addentare aria pulita: da questo momento in poi è ancora più importante pilotare l’aeroplano su tutti e tre gli assi d’altronde…anche se con le ruote per terra stiamo volando! Qualche irregolarità del prato inizia a farci saltellare, una dolce trazione sul volantino e, con poco più di 120m di corsa al suolo, siamo in volo a 75 mph indicate e circa 1000+ ft/min sul variometro. Ok, a leggerlo così sembra un decollo da pensare, ma è molto più istintivo di quanto si possa immaginare.

Adesso che siamo nel nostro elemento possiamo stabilizzarci in una comoda salita con 25″/2500 rpm, flap 0°, accelerando dolcemente fino alle 94 mph della Vy.

La visibilità in salita non è delle migliori: l’assetto accentuato ed il largo musone non ci fanno vedere benissimo cosa stia accadendo immediatamente davanti a noi, ragion per cui è buona abitudine fare delle dolci accostate a destra ed a sinistra in modo da accorgersi più facilmente di eventuali traffici.

Una volta raggiunta la quota desiderata possiamo livellare, mettere una bella potenza di crociera da passeggio con 22″/2300 rpm, trimmare l’aeroplano su entrambi gli assi ed inserire il nostro magnifico flap negativo per guadagnare qualche nodo.

La cosa che colpisce fin da subito è la strana armonizzazione dei comandi: elevatore decisamente pesante e sensibile, alettoni leggerissimi ma non particolarmente brillanti, pedaliera semplicemente perfetta grazie anche alla presenza dell’aletta compensatrice sul timone che rende tutte le manovre sorprendentemente istintive e coordinate. Questa faccenda degli sforzi così disomogenei sul volantino si risolve, l’avrete già immaginato, semplicemente caricando l’aeroplano al massimo: gli sforzi saranno infatti perfettamente omogenei e bilanciati solo quando saremo in quattro a bordo con i serbatoi ausiliari pieni fino all’orlo.

Ma si sa, se uno con l’aeroplano vuole andarci a spasso sceglierà un comodo C182, non di certo un tubi e tela STOL, vero? Vediamo allora come si comporta questa simpatica bestiola nel suo elemento preferito: il volo lento.

Flap a 0°, controlli interni ed esterni fatti, iniziamo gentilmente a rallentare: da manuale la velocità di stallo in configurazione clean è di 61 mph IAS e, più ci avviciniamo ad essa, più l’elevatore diventa marmoreo nelle nostre mani. Motore idle, continuiamo gentilmente a tirare (mantenendo la pallina in centro usando i nostri piedoni) e, proprio quando le braccia iniziano a farci male a causa dello sforzo, puntuale come un orologio svizzero la lancetta dell’anemometro sfiora il 60 ed il muso cade deciso sotto l’orizzonte senza particolari tendenze a buttar giù un’ala: rilasciamo la trazione e l’aereo, docile, si rimette da solo con una perdita di quota contenuta.

Anche nelle altre configurazioni lo stallo è pressochè identico, a velocità decrescenti fino alle 47 mph IAS dello stallo full flap: solo quest’ultimo è leggermente atipico in quanto, se decidiamo di tenere ostinatamente il volantino alla pancia l’aeroplano tenderà a stabilizzarsi in una rapida discesa a muso alto senza cercare di uscirne finchè non ci decideremo a mollare il volantino ed a lasciare il buon Maule fare il suo mestiere di volatile.

Come dicevamo, però, non è lo stallo la caratteristica interessante di questo aeroplano, bensì quanto accade poco prima: utilizzando una generosa quantità di motore, dai 20″ ai 25″ per capirci, possiamo infatti rimanere comodamente in volo livellato con un assetto pauroso a velocità di circa 5 mph superiori a quella di stallo mantenendo la capacità di salire, scendere e virare in pieno controllo dell’aeroplano.

Certo è che non ci troviamo in una condizione particolarmente rilassante o facile: in questa fase concentrazione ed attenzione devono essere al massimo. L’aeroplano, da parte sua, ci fa capire molto bene in che punto dell’inviluppo di volo ci troviamo: la fusoliera rimbomba per le raffiche d’aria turbolenta che ne investono la pancia, gli alettoni sono due pezzi di alluminio casualmente attaccati alle ali privi di qualsiasi utilità, l’elevatore ha oltrepassato la sua fase marmorea ed è diventato decisamente più morbido (grazie al soffiaggio dell’elica) e ci trasmette tutto il buffeting di protesta dell’ala direttamente nei polsi. La pedaliera continua a regnare sovrana funzionando egregiamente e consentendoci di fare delle virate praticamente sul posto fino a 10° di bank. Nel frattempo il povero avvisatore di stallo avrà perso la voce a furia di urlarci nelle orecchie.

Ma qual è l’utilità di questa insolita condizione? I blasonati bush pilots americani, che tanto ci piace guardare su Youtube, ci fanno tutto l’avvicinamento fino alla flare per potersi infilare in pistine minuscole con avvicinamenti ripidissimi: figata, eh…ma non essendo un cowboy volante non ho nessuna intenzione di provarci anytime soon.

Però, a ben pensarci, passare un po’ di tempo in questa condizione in quota ha degli effetti benefici soprattutto per il pilota in erba: non solo ti mostra i limiti e le capacità dell’aeroplano abituandoti nel contempo ad un pilotaggio molto fine e preciso, ma serve come calmante durante i primi avvicinamenti quando, in finale, c’è sempre la tendenza a volare più veloci delle 65 mph necessarie (perchè la fine dell’arco verde a 60 mph fa strizza) con conseguente ballooning alla flare e cangurate annesse.

Adesso però basta giocare ai bush pilot, scendiamo in sottovento e vediamo se quest’aeroplano in atterraggio è davvero il velociraptor impazzito che si vocifera essere o no.

Recita il saggio: “Un buon atterraggio nasce da un buon circuito”, dunque vediamo di organizzarci per tempo e di far bene tutte le nostre cose: sottovento da manuale a 1000ft AGL, 90 mph, 24° di flap, trim a volontà e approach checklist. Quando vediamo la pista 45° dietro di noi è il momento di virare in base e di iniziare a scendere, MAP a 12″, flap a 40°, planiamo dolcemente verso la virata finale rallentando gradualmente fino a 75 mph.

Una volta stabilizzati con 75 mph da ridurre a 65 mph in cortissimo finale possiamo decidere se siamo abbastanza coraggiosi da inserire l’ultima tacca di flap portandoli così a 48° (praticamente due portoni) o se ci accontentiamo della nostra configurazione attuale.

Personalmente, con l’aeroplano leggero preferisco tenere i flap a 40° in modo da ottenere una flare un po’ più volata e facilmente controllabile, diminuendo allo stesso tempo la possibilità di ballooning: con full flap bastano infatti 5 mph in più alla flare per far sì che l’effetto suolo ci rispedisca in aria ancora prima di aver toccato il terreno.

A questo punto dell’avvicinamento, con le nostre belle 75 mph in lenta diminuzione, ci verrà la tentazione di trimmare l’aeroplano quasi fondo corsa a cabrare per cercare di alleggerire il volantino che, nel frattempo, ha ripreso la sua vocazione abituale di macigno.

Scelta comoda, ma valida solo se accoppiata ad una ferrea determinazione a mettere le ruote per terra, costi quel che costi: go around is not an option.

E sì, perchè se riattaccassimo con i flap fuori e il trim tutto indietro ci troveremmo a dover applicare la stessa forza traente che adesso ci da tanto fastidio esattamente al contrario: spingendo. A due mani. Subito. Non proprio la cosa più istintiva da fare in riattaccata, vero?

Qualora poi fossimo particolarmente lenti nella reazione o debolucci di braccia ci ritroveremmo molto presto in una condizione di volo a noi già familiare: il volo lentissimo configurato di cui abbiam parlato poco fa, solo che questa volta siamo a quota alberi, appesi all’elica e senza vie di scampo. Quindi, trim in finale sì ma con parsimonia: personalmente lo tengo leggermente più cabrato della metà corsa e pur non essendo particolarmente forzuto non ho mai avuto problemi sia durante la flare che in riattaccata..

La testata pista ci scorre sotto ai piedi, è il momento di concentrarsi ancora di più: talloni sul pavimento, sguardo fisso a fondo pista e molto gentilmente portiamo il motore al minimo: mi raccomando, piano piano sennò il meccanico urla. A circa tre metri da terra possiamo iniziare una lenta e progressiva richiamata che, se fatta correttamente, ci porterà a toccare la pista contemporaneamente con tutte e tre le ruote esattamente nel momento in cui il volantino raggiunge il fondo-corsa a cabrare.

Meraviglioso, certo, ma piccoli errori di velocità o una richiamata fatta troppo presto o troppo tardi ci lanceranno inevitabilmente tra le braccia del fenomeno più caro ai piloti di biciclo: la cangurata.

The bounce

Spesso si ha l’impressione che cangurare sia qualcosa di deplorevole, una vergogna, eppure si potrebbe dire che con il Maule è quasi la normalità: a spedirci nuovamente in aria non saranno solo piccole imperfezioni nel pilotaggio ma anche buche e ondulazioni di una pista non proprio regolare o raffiche di vento in prua che ci riportano temporaneamente sopra la velocità di stallo.

Tuttavia le cangurate non sono tutte uguali: abbiamo quelle pesanti dal rimbalzo alto e corto che c’invitano non troppo gentilmente ad eseguire una bella riattaccata, abbiamo quelle lunghe e ben distese che se trattate correttamente si risolvono quasi da sole, quelle con l’ala bassa, quelle con il muso alto e via dicendo…un vasto repertorio di combinazioni possibili che il Maule, generoso, ci mostrerà spesso e volentieri…ma è tutta salute.

Ora che abbiamo visto come si comporta il nostro bel Maule sul piano verticale passiamo ad affrontare l’elefante nella stanza:

“ma riuscirò ad andare dritto?”

La risposta è sì: a patto, ovviamente, di essere concentrati ed avere ben chiare in testa le cose da fare. Quando si tratta di controllo direzionale in atterraggio il Maule è un aeroplano stranamente tollerante: infatti, nonostante la carreggiata del carrello principale sia piuttosto stretta, in condizioni di vento calmo, la grossa deriva e la buona autorità del timone consentono di recuperare abbastanza facilmente anche eventuali sbandate dovute ad un primo contatto con la pista non particolarmente dritto.

Una volta al suolo un grazioso balletto dei piedi veloce, delicato e preciso ci consentirà di rallentare dolcemente mantenendo la linea di mezzeria senza particolari sforzi: operazione decisamente più facile se manteniamo il volantino saldamente alla pancia in modo da caricare maggiormente il ruotino migliorandone l’autorità attraverso le molle di cui abbiamo parlato durante il rullaggio.

In caso di vento al traverso il Maule si comporterà esattamente come in rullaggio, con il musone che cercherà di mettersi controvento ma, utilizzando la tecnica corretta dell’ala bassa verso il vento questa tendenza sarà facilmente contrastabile fino ad una velocità di rullaggio veloce dove generose spedalate e colpetti di freno ci consentiranno di andare perfettamente dritti fino ad essere completamente fermi.

Se il vento è invece particolarmente sostenuto, rafficato, o vogliamo semplicemente un po’ più di autorità direzionale possiamo benissimo atterrare con un settaggio di flap ridotto così come consigliato nel manuale: con flap a 0° il limite di vento al traverso dimostrato per il decollo e l’atterraggio è infatti di ben 12 KT!

Insomma, il Maule è particolarmente pacioso nei confronti di un pilota rispettoso ma non tollera negligenze: ricordiamoci che il pilotaggio su tutti e tre gli assi finisce solo nel momento in cui siamo fermi al parcheggio. Tuttavia, qualora una distrazione improvvisa ci avesse fatto perdere per un istante l’allineamento non è la fine del mondo: un piccolo errorino può essere facilmente corretto con una buona dose di piede e/o un colpetto di freno…basta intervenire in tempo!

Liberata la pista possiamo tornare allegramente al parcheggio, incastrare con maestria l’aeroplano in mezzo ad altri lì fermi e, dopo un paio di minuti a 1000 rpm per stabilizzare le temperature del motore, spegnere tutto.

Tailwheel Smile.

Chiunque ci veda in questo momento, mentre ripetiamo gli esercizi ginnici necessari a scendere dall’aeroplano (questa volta però con meno affanno), potrebbe chiederci perchè non riusciamo a smettere di sorridere come degl’ebeti: bella domanda, dalla risposta non facile!

E’molto difficile infatti trovare le parole per spiegare a quei pilotastri con la ruota davanti la ragione della nostra felicità: la soddisfazione per aver completato il nostro volo senza rompere tutto, la gioia impareggiabile che anche 15′ di circuiti in una giornata ventosa possono dare, il divertimento senza pari che questo aeroplano regala a piene mani a chiunque abbia la pazienza di provarlo e capirlo…semplicemente impossibile.

Eppure basta uno sguardo, con un altro pilota della nostra specie per capirsi al volo…

Non ci credete? Provare per credere!

Giunge dunque al termine questa puntata di “aerei da naso”: spero vi siate divertiti nel leggere il mio approcio a questo meraviglioso aeroplano e mi auguro che questo breve testo vi lasci con la voglia di provare sulla vostra pelle l’incredibile soddisfazione che questo aeroplano dà…senza troppo timore! A breve altri episodi!

Ordunque, se avete qualche domanda o perplessità, se volete provarlo in volo, se volete cimentarvi nell’abilitazione tailwheel (che vi eleverà allo status di semi-divinità nel vostro Club) con un istruttore qualificato o se volete semplicemente affrontare il passaggio macchina, non siate timidi e compilate il form di contatto CLICCANDO QUI

L’AUTORE

“Sir Pennington”

Furlàn barricato annata 1995: per alcuni pilotastro giovane ed irrispettoso, per altri professionista serio e compassato. Amante del pilotaggio “vintage” si guadagna da vivere pigiando bottoni dentro un Airbus con il sogno di poter, un domani, portar a spasso uno Spitfire.

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Author: Luca Ocretti

Fondatore e amministratore di AvioHub.it. Visita la sezione "Chi Siamo" per saperne di più