Skyward Experimental Rocketry, come i ragazzi del Politecnico di Milano fanno decollare (letteralmente) la loro passione.

Skyward cover

Qualche settimana fa, aprendo Netflix, tra i film consigliati esce il titolo “Cielo d’Ottobre”. Diretto da Joe Johnston e tratto dal libro Rocket Boys, racconta la storia di Homer Hickam Jr. e due amici che, al passaggio sui cieli americani dello Sputnik Sovietico nel 1957, decisero di costruire dei razzi in maniera amatoriale.

Dopo diversi tentativi falliti, un lancio finalmente riesce. Le speranze del ragazzo si esaltano, e la sua passione per l’astronautica unitamente all’incoraggiamento della sua insegnante di chimica e fisica lo portano a vincere una borsa di studio.

Il film si ispira ad una storia realmente accaduta, raccolta nel libro di memorie di un ingegnere della NASA, ora in pensione, che ha anche dato la sua consulenza per la trasposizione cinematografica: Homer H. Hickam jr., ingegnere della NASA che durante la sua carriera ha lavorato in Progettazione di veicoli spaziali e Formazione degli equipaggi, in particolare per il progetto Space Shuttle. 

Cosa centra tutto questo?

Pochi giorni dopo aver visto questo film sento un compagno di classe delle superiori, Matteo Menapace, studente ora al Politecnico di Milano. Tra una chiacchierata e l’altra, alla domanda su come procedono gli studi, mi risponde testualmente “a Luglio mi laureo, in più abbiamo lanciato il razzo che abbiamo sviluppato ed è andata abbastanza bene”.

Con il film ancora in mente, capitato proprio nel momento giusto, la curiosità mi ha inevitabilmente portato a 1000 domande sulle caratteristiche del razzo e del progetto e, perché non farci un articolo dando visibilità all’interessante attività di questi ragazzi?

Ed eccoci qui.

Terminato questa – forse fin troppo lunga – introduzione, iniziamo a parlare del razzo vero e proprio e del progetto che oltre 100 ragazzi del Politecnico di Milano stanno portando avanti da oltre dieci anni: SKYWARD

Iniziamo in maniera semplice, ci raccontate cos’è il progetto Skyward Experimental Rocketry?

Skyward Experimental Rocketry è un’associazione studentesca, nata per permettere agli studenti in particolare del corso di ingegneria aerospaziale di mettere in pratica le nozioni apprese a lezione, come già succedeva in realtà presenti in varie università europee.

Un razzo però richiede l’unione delle più svariate conoscenze dell’ambito ingegneristico e non, quindi questo ha portato all’inclusione di studenti provenienti da corsi differenti: elettronica, gestionale, meccanica, dell’automazione e anche design del prodotto o della comunicazione!

Ad oggi Skyward coinvolge quasi 100 studenti del Politecnico di Milano, a partire dal primo anno di triennale fino all’ultimo di magistrale, e comprende anche qualche dottorando che ci supporta come collaboratore esterno.

L’associazione è divisa in 6 dipartimenti: Aerodinamica e Dinamica del Volo, Avionica, Logistica e Media, Strutture, Propulsione e Recovery. Ogni dipartimento poi contiene vari team relativi al progetto che chiamiamo IPT (Integrated Project Teams): all’interno del dipartimento di Avionica abbiamo ad esempio gli IPT di Elettronica, Software e Controllo, e così via. I dipartimenti sono guidati dai capi-dipartimento, che formano, assieme a project manager, presidente, vice-presidente, segretario e tesoriere, il consiglio direttivo, nel quale vengono gestite le questioni amministrative.

Gli IPT invece sono gestiti dai team leaders, che partecipano alla riunione tecnica e rispondono direttamente al project manager.

Questa configurazione a matrice ci permette di avere un doppio controllo sia sul lato amministrativo che sul lato tecnico, cosa necessaria in quanto come associazione studentesca siamo completamente autogestiti e nonostante il supporto di alcuni professori nelle questioni tecniche, siamo noi membri a prendere le decisioni per l’associazione e sui progetti.

Avete iniziato nel 2012 con Rocksanne 1-X, arrivando oggi al Pyxis. Quali sono state le varie fasi importanti della storia di Skyward e i vari modelli che la hanno caratterizzata?

Skyward nasce nel 2012 e vede subito i primi lanci di successo di razzi sonda sperimentali nella piana dell’ Aremogna, in Abruzzo, con razzi perfettamente lanciati e recuperati.

Dopo un paio di anni di lavoro su questi razzi sonda, Skyward si impose di lanciare a quote ben più alte: nascono così il progetto di un drone ad ala fissa, di un motore ibrido e di un nuovo razzo.

In seguito, principalmente a causa di problematiche burocratiche e di permessi, questi progetti sono stati rivisti: chiuso il progetto del drone Cyrano, si decide di tornare a razzi più piccoli, dando vita ad Hermes, mentre continua il progetto HRE, Hybrid Rocket Engine.

Nel 2020 l’Italia e il mondo si bloccano, e così anche noi e i nostri lanci, come quelli di tutti gli altri team d’Europa. Nasce poi EuRoC, per rispondere alle necessità dei team che non potevano più partecipare alla Space Port America Cup negli Stati Uniti (unica competizione di rocketry esistente fino a quel momento) a causa delle restrizioni Covid.

Skyward si impone di partecipare nel 2021 con il progetto Lynx e porta a casa il secondo posto generale e il team award, oltre che il premio per il miglior volo di categoria(3km con motore solido).

Per l’edizione successiva, il team si impone di migliorare il risultato dell’anno precedente e ci riesce, vincendo il Technical Award, premio per la migliore implementazione tecnica, il primo e il secondo posto per l’RF award al miglior sistema di antenne, ottenendo il massimo dei punti sia per la performance di volo che per l’organizzazione e lo spirito di team, e ottenendo il primo posto nella classifica generale .

Nel frattempo, Skyward non ha dimenticato il progetto del razzo ibrido, durante gli anni HRE si è evoluto in un motore da volo e l’anno prossimo, con il progetto Gemini, verrà lanciato il primo razzo con un motore SRAD (Student Researched and Developed), con grano solido in ABS e protossido di azoto.

Le differenze e le sfide saranno molte: a partire dalla lunghezza, che potrà raggiungere addirittura i 4 metri!

Entrando nel tecnico, da cosa è caratterizzata la costruzione e il funzionamento dei vostri razzi?

Partendo dal fondo del razzo verso la punta, i nostri razzi si dividono in vani o moduli, prendiamo Pyxis a titolo di esempio.

Sul fondo si trova il vano motore. Il motore viene inserito all’interno di un involucro in composito e tenuto in posizione da due flange in alluminio, una avvitabile sul fondo ed una stampata in 3D in polvere di alluminio in testata. Su supporti in alluminio vengono montate le alette in fibra di carbonio, che servono a dare stabilità al volo.

Al di sopra si trova il vano aerofreni, sostanzialmente tre cassetti in alluminio che si aprono quando il razzo capisce, grazie ai suoi sensori, di star salendo troppo velocemente ed essere prossimo all’apogeo obiettivo: servono a creare resistenza aerodinamica e subiscono una forza allo stesso modo di quando si mette la mano fuori dal finestrino di un’automobile in corsa. Il loro effetto è dunque quello di dare precisione all’altitudine raggiunta.

In seguito si trova il vano elettronica, che serve a controllare l’intero razzo. All’elettronica arrivano informazioni dai sensori e questa controlla aerofreni, telecamere, cutter ed espulsione e invia segnali a terra grazie ad un sistema di antenne. Per avere una trasmissione senza schermature, questo vano è realizzato in fibra di vetro.

Al di sopra di questo sistema si trova la zona dedita all’espulsione: un sistema di cartucce di anidride carbonica che permettono una separazione tra il corpo principale del razzo ed il vano payload, consentendo anche un’apertura del sistema di paracadute.

All’interno del vano che viene pressurizzato, infatti, si trovano i paracadute. Di norma a 3000m, quando viene rilevato l’apogeo, ossia il razzo sta cominciando a tornare a terra, vengono aperti dei piccoli paracadute che servono a stabilizzare il volo. Poi vengono aperti i paracadute principali a un’altitudine inferiore ai 450m.

Al di sopra di questo modulo si trova il vano payload: ossia il vano dove il prezioso carico del razzo viene stivato. Quest’anno l’esperimento è stato doppio: ossia sono stati trasportati un sistema di sensori progettati da parte di una scuola superiore del cuneese ed un sistema di sensori per un esperimento necessario per future applicazioni in Skyward.

Il vano payload, dopo essersi staccato dal corpo principale del razzo a 3000 metri, inizia la sua discesa, per poi aprire una vela, una sorta di parapendio, in modo che il vano atterri in maniera autonoma il più vicino possibile ad un punto deciso prima del lancio.

Funzionamento_skyward

Quando ho iniziato a informarmi sul vostro progetto immaginavo di restare impressionato, ma non pensavo a prestazioni di questo livello, con velocità che arrivano a oltre Mach 1 e quote di apogeo superiori a 10 000 ft. Dove effettuate i lanci dei vostri razzi?

I nostri lanci di prova vengono effettuati a Roccaraso, in provincia dell’Aquila, sulla piana dell’ Aremogna. Qui in realtà non possiamo raggiungere gli stessi numeri che vengono ottenuti in Portogallo per limitazioni dello spazio aereo.

Percorrendo le fasi di lancio avute in gara in questi due anni presso la base militare di Santa Margarida invece i numeri sono:

  • Da zero a poco meno di Mach 1 in 5 secondi di spinta, con un’accelerazione massima di circa 10g
  • I 3000 metri in verticale, senza contare lo spazio percorso in orizzontale, vengono raggiunti in circa 25 secondi
  • I paracadute possono dare grandi sollecitazioni al razzo: nel caso di Lynx il paracadute principale ha dato 210kg di forza in apertura
  • In discesa il razzo scende prima a 100km/h, per poi portarsi a 25km/h con il paracadute principale. Questo ovviamente se tutto va bene, per esempio l’ultimo lancio di Hermes, a causa di un problema all’espulsione, toccò terra ad oltre 500km/h

 A Roccaraso, invece, l’altezza massima raggiungibile è di circa 1500m, che significa avere 500-600km/h di velocità di punta e quindi è un test ovviamente limitato.

Se volete dare uno sguardo più tecnico al lancio di Lynx ecco a voi la telemetria con tutti i dati più interessanti del volo istante per istante. A dir poco interessante!

Parliamo di Pyxis, quali sono le principali differenze e implementazioni in questo razzo?

Pyxis, al contrario di Lynx, vede una struttura quasi completamente in fibra di carbonio e in fibra di vetro. Salvo il vano aerofreni in alluminio e le flange di congiunzione, questi sono i materiali principali.

Nel complesso il peso è stato ridotto così di circa un terzo, portandosi a 14kg senza motore. La nuova elettronica, progettata interamente da noi, comprende un sistema di antenne inedito che ci permette di ricevere segnali in qualsiasi direzione il razzo sia ruotato. Allo stesso tempo la vecchia elettronica è stata riutilizzata per il sistema di guida della vela di recupero del vano payload.

Quello che spesso non si vede, è anche l’innovazione a livello di modelli e teoria dietro a ciò che facciamo: per fare un esempio quest’anno è stata utilizzata in maniera distensiva l’ottimizzazione topologica, un sistema che sfrutta l’intelligenza artificiale per studiare i carichi su una struttura e permette di snellirla, risparmiando peso inutile. Allo stesso tempo, grazie ai dati di Lynx, anche altri sistemi come i paracadute sono migliorati: basti pensare che i 210kg di apertura su Lynx sono stati portati a 70kg per Pyxis, rendendo meno necessari interventi strutturali.

Come vengono finanziate le attività e lo sviluppo di questi razzi?

Il Politecnico di Milano ci ha fornito negli ultimi anni degli aiuti tramite il fondo legato alle competizioni, mentre il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Aerospaziali è con noi dal primo giorno e ci sostiene con orgoglio.

I progetti dell’associazione però vengono finanziati principalmente tramite il supporto dei partner, che può essere una donazione o anche un supporto tecnico, tramite fornitura di materiali, lavorazioni, consulenze o luoghi di test. Tra i partners che hanno aiutato a rendere Pyxis una realtà ci sono Titiro Digital, Aerogravity, Kaos, Persico, 3D Metal, DBS, e tantissimi altri che speriamo di poter continuare a rendere fieri di noi.

Per i partner è importante sostenere giovani ingegneri, studenti e studentesse ambiziosi che vogliono toccare con mano da subito i risultati dei loro studi, e spesso si crea un rapporto di fiducia con i nostri partner più stretti che ha portato i nostri membri che terminano gli studi ad entrare nelle aziende che ci hanno sostenuto.

Sei un’azienda che vuole diventare Partner di questo progetto? Clicca qui per contattare il team di Skyward!

Nata nel 2020 dalla collaborazione di vari team europei, EuRoC – European Rocketry Challenge, è la prima competizione europea tra team universitari che si occupano di missilistica. Voi quest’anno avete partecipato, com’è andata? 

La nostra partecipazione all’edizione 2022 di EuRoC ci ha visto fare incetta di punti e vincere diversi premi:

  • Vincitori del Technical Award che premia il miglior design implementativo e report tecnico del razzo.
  • Vincitori del primo e del secondo posto per la minor larghezza di banda occupata.
  • 350 punti su 350 nella categoria Flight Performance che valuta le caratteristiche del volo.
  • 200 punti su 200 nella categoria Team Effort che valuta l’attività, partecipazione ed impegno del team.

A conti fatti, ci siamo aggiudicati il primo posto nella classifica generale, portandoci a casa l’EuRoC Award e il titolo di campioni 2022.

Parlando con voi ho scoperto anche il progetto HRE: Hybrid Rocket Engine. Raccontateci qualcosa in più

Il progetto HRE è nato nel 2015 con lo scopo di fare esperienza nel settore nella propulsione ibrida. Nel tempo si è evoluto in “Chimaera”, versione 0 di un eventuale motore da volo, mentre in parallelo nasceva un progetto di Ricerca e Sviluppo che si sarebbe concentrato sempre sui motori ibridi ma su aspetti più particolari, come l’efficienza di diverse forme o diversi materiali per combustibile.

Nominalmente il sistema infatti si compone di un ossidante liquido e un combustibile solido, nel nostro caso protossido di azoto e ABS stampato con tecnologia 3D. L’obiettivo è quello di avere un’alternativa al motore solido attualmente utilizzato per portare innovazione e sicurezza nella gestione del sistema propulsivo. La tecnologia ibrida garantisce un’elevata sicurezza e stabilità rendendo impossibile l’esplosione del motore durante la combustione e rendendolo riutilizzabile in brevissimo tempo.

Per questo motivo il nostro futuro razzo “Gemini” verrà equipaggiato del motore ibrido “Furia”, la versione successiva di “Chimaera”, che spingerà il razzo fino ad un’altezza di 3km, rendendolo ri-lanciabile già dal giorno successivo.

AvioHub web magazine 2022

Immagini e video Skyward Experimental Rocketry

Author: Luca Ocretti

Fondatore e amministratore di AvioHub.it. Visita la sezione "Chi Siamo" per saperne di più