Dallo Spillone al M-345, intervista a “Jack” Iannelli

Jack Iannelli

Abbiamo intervistato Giacomo “Jack” Iannelli, Project Test Pilot di Leonardo e pilota di grande esperienza sia in ambito civile che militare. Nel corso della sua carriera, con l’Aeronautica Militare prima e con Leonardo ora, Jack ha volato con oltre 100 aerei diversi, per oltre 4000 ore di volo. E quando non è su un jet ad elevate prestazioni, trascorre il suo tempo, tra le altre cose, a bordo del suo aereo ultraleggero Savannah, magari atterrando in montagna o su un ghiacciaio.

Scopriamo qualcosa in più su Jack, sulla sua esperienza e sugli aerei con cui vola regolarmente…buona lettura!

Iniziamo dalle basi…Giacomo, “Jack” o comandante Iannelli? 

Beh, diciamo che lascio sempre ai miei interlocutori l’iniziativa sul come relazionarmi con me. Sul lavoro per esempio, il Test Pilot ha un ruolo molto centrale in tutte le funzioni dell’azienda e sul team, e capisco molti ragazzi, soprattutto i più giovani, che si rivolgono a me ed ai miei colleghi con il termine “Comandante”- del resto il prefisso ufficiale di qualsiasi pilota professionista. Io lascio a loro la scelta, convinto che il succo delle questioni, anche le più delicate, non sia nella distanza che si pone l’uno con l’altro… In questa intervista, direi che “Jack” è probabilmente la soluzione migliore!

Jack, innanzitutto grazie per la disponibilità. Mi sento di iniziare con una domanda che pongo a tutti i piloti di grande esperienza che incontro. Da dove deriva questa tua passione per tutto ciò che vola?

Non so cosa ti abbiano risposto i miei predecessori, ma io non saprei davvero dire cosa mi abbia spinto ad avvicinarmi al volo. Non ho parenti “volanti”, né avevo amici con licenze di volo. La mia famiglia, composta da imprenditori e insegnanti, per lo più, non aveva alcuna relazione col volo. Forse l’unico evento scatenante è stato grazie al capo mastro del cantiere della nuova casa che mio padre stava costruendo a Montevarchi, in provincia di Arezzo, da dove provengo.

Eravamo nella prima metà degli anni ’80 e lui doveva farsi perdonare da mio padre diversi ritardi del cantiere! Fernando, uomo buonissimo e sempre sorridente, pensò così di invitarmi una domenica al campo volo dove faceva volare i modellini che lui stesso costruiva. Rimasi affascinato da quella tecnologia tanto semplice che rendeva possibile il volo. Forse lì è successo il guaio….

F104 Iannelli

Ci racconti brevemente quali sono state le varie fasi nella tua carriera aeronautica?

Faccio una doverosa premessa. Quando racconto della mia “vita aeronautica” io non faccio mai distinzione, benché in sostanza ci siano linee di demarcazione profonde, tra quello che ho fatto per hobby e quello che ho fatto per professione. Nella vita di un aviatore, tutto fa esperienza. Non avrei presentato il MB-339 come lo presentavo nel 2012 se non avessi fatto esperienza nel campo dell’acrobazia sportiva in precedenza, ma non avrei la facilità di volare e fare cose impegnative con aerei leggeri se l’Aeronautica Militare non mi avesse concesso di arricchirmi così tanto per tecnica di volo, “airmanship” e capacità di giudizio.

Detto questo, a 16 anni ho iniziato il corso per il brevetto di volo all’Aeroclub di Arezzo, prendendo la licenza a 17 anni. Ho continuato il Liceo fino alla Maturità Scientifica per poi fare il concorso in Accademia Aeronautica ed essere escluso dalla stessa per 2 anni di seguito, compreso un concorso per piloti dì complemento. Dopo due anni di università a Firenze decisi di tentare l’ultimo concorso possibile, per non avere rimpianti in futuro. Andai convinto di non passare anche questa volta e invece…. Si schiusero per me le porte del mitico Corso Turbine IV.

Dopo la Laurea in Scienze Politiche ad Indirizzo Internazionale fui inviato alla Base di Sheppard, in Texas, dove ho volato su T-37 e T-38. Assegnato poi al IX° Gruppo di Grosseto, fui inserito nell’ultima fortunata classe a fare l’abilitazione sul F-104.

Da lì un periodo molto proficuo in appoggio al XII° Gruppo di Gioia del Colle su MB-339 CD come “slow mover interceptor”, per poi spostarmi in Turchia per un exchange su F-16 Block 40. Al mio rientro in Italia fui assegnato al glorioso X° Gruppo Caccia, del quale ho avuto l’onore di comandare la 85a Squadriglia, a Trapani Birgi.

Nel 2007 poi, fui chiamato alla Selezione per RSV della quale risultai vincitore.

Ho frequentato così il bellissimo e intensissimo corso per “Experimental Test Pilot” della Marina Americana alla US Naval Test Pilot School di Patuxent River, per tornare come “Project Pilot Eurofighter” a Pratica di Mare nel 2008.

Dopo sei bellissimi anni presso il 311° Gruppo Volo di RSV, Leonardo, allora ancora Alenia Aermacchi Spa, mi assunse come “Project Pilot – Trainers” nella sede di Venegono e da allora ho contribuito con i miei colleghi allo sviluppo delle varie versioni del M-346 e poi del M-345.

Molti ti conoscono per il tuo ruolo di Test Pilot, all’interno del Reparto Sperimentale Volo prima e all’interno di Leonardo ora. Cosa ti ha spinto a diventare un pilota collaudatore?

Mah, anche qui non ho una risposta netta… Al Reparto Operativo stavo molto bene. L’F-16 era una macchina stupenda ed io sarei poi sicuramente stato destinato all’Eurofighter Typhoon in seguito. Mi piacque moltissimo la selezione al RSV, volare su un elicottero, poi su un jet e poi su un aereo da trasporto senza soluzione dì continuità era davvero stimolante per un appassionato come me. Ma ormai a Trapani ero nella mia “confort zone” e rimettermi in gioco, in quel momento – magari scioccamente – non mi andava molto. Con educazione, dissi “no, grazie” all’ elite di RSV che mi stava chiedendo se avrei voluto far parte del Gruppo.

Per fortuna, pochi giorni dopo mi richiamarono chiedendomi: “Ma sei proprio sicuro? Perché a noi saresti piaciuto molto…”

Beh, lì mi catturarono ed è così iniziata questa meravigliosa esperienza che ha cambiato per sempre il mio modo di volare.

Cosa differenzia secondo te, in termini di metodologie e mentalità, un pilota collaudatore da un normale pilota?

Jerry Gallagher, mitico e inimitabile istruttore di Pax River, il primo giorno ci accolse dicendo: “the huge challenge, from now on, will be to become comfortable in the uncomfortable”.  Da questo dato di fatto, derivano le differenze che ci possono essere tra uno sperimentatore ed un’altra tipologia di pilota. Non si tratta di un confronto tra piloti migliori o peggiori, quello mai.

Il Test Pilot però deve avere una caratteristica che deve essere sempre ben allenata: essere a proprio agio mentre tutto sembra andare a rotoli, e spiegare perché sta andando a rotoli. Del resto “i guai” ce li andiamo a cercare – con metodo estremamente scientifico e con procedure di sicurezza marmoree – ma è ancora un ambito professionale dove quel pizzico di “sconosciuto “davanti rimane, essendo tu il primo che esplora l’inviluppo di una macchina. E per fortuna a 46 anni mi piace ancora tantissimo questa stimolante ed emozionante forma di volo.   

Oggi, come molti lettori sapranno, sei Experimental Test Pilot di Leonardo Divisione Velivoli. Qual è il tuo ruolo all’interno di Leonardo e quali sono i compiti del test pilot in un’azienda così importante, leader nella progettazione e produzione di aerei, elicotteri e non solo?

In Leonardo sono appunto Project Test Pilot per velivoli addestratori, o trainer. In azienda, come quando ero in RSV, siamo impiegati in programmi più o meno trasversali, ma qui è più importante concentrarsi, fin dal design, sullo sviluppo di un progetto e di un programma.

Venegono è un posto fantastico per questo, occuparsi con ragazzi giovani e ingegneri più esperti dello sviluppo di nuovi comandi di volo, piuttosto che di nuovi carichi esterni, di espansioni di inviluppo o semplicemente di nuova avionica di un velivolo, fin da quando il disegno è ancora sulla carta, è un privilegio a cui penso ogni giorni quando vado al lavoro. E quindi ci vado sorridendo.

Noi siamo nella posizione di massimo controllo della qualità del prodotto. Se diciamo che una caratteristica di un prodotto è discutibile, abbiamo sempre la massima attenzione da parte di ogni componente dell’azienda, poiché l’obiettivo di tutti è sviluppare per il mercato sistemi sicuri ed efficaci. Il Test Pilot in Leonardo ha quindi una posizione di fulcro di questo processo.

Ci racconti come si svolge una tua giornata tipo all’interno di Leonardo?

Sono un appassionato ciclista, e raggiungo spesso l’azienda in bici. Quindi la giornata inizia sempre con una doccia nel mio spogliatoio! Il primo atto poi è un informale caffè con i colleghi di Operazioni Volo. Si parla della giornata precedente, e di quella che ci aspetta. La “schedule” di volo prevede almeno due voli al giorno per pilota –  in media – oltre ad una serie di eventuali sessioni sui simulatori di sviluppo e riunioni con ingegneria, programma o anche in ambito commerciale. Insomma, la giornata è sempre piena.

Il volo però rimane al centro di tutto. Si procede al brief, con il “Jolly”, colui che conduce la sala telemetria, che ricapitola i punti prova da eseguire, da noi preventivamente approvati in fase di stesura del Test Plan, anche settimane prima dell’evento. Gli specialisti di ingegneria presenti, aggiungono punti per loro rilevanti. Dopo la discussione punto per punto dell’ingresso nelle manovre di prova, si procede alla lettura delle emergenze possibili relative agli elementi dì prova. Prima dei test più critici, poco prima del volo si simulano (sala telemetria compresa) i possibili inconvenienti in diretta e con la telemetria collegata al simulatore, in modo da rendere più reale possibile l’esperienza, non solo per il pilota ma per tutte le figure coinvolte. Insomma, niente viene lasciato al caso.

Al rientro del volo il debriefing è poi momento fondamentale per un Test Pilot ed il suo team. Non essere in grado di spiegare in termini esatti quello che hai visto, può essere foriero di brutti “vicoli ciechi” nello sviluppo del programma. I dati raccolti sono importantissimi, ma senza la “pilot opinion” possono risultare (quasi) “sterili”.

M346 FA 1° Volo
Al rientro dal primo volo del M346 FA

Abbiamo scelto di intitolare questo articolo “dallo spillone all’M345”, due aerei che hai pilotato, sui quali hai molta esperienza e che hanno possiamo dire segnato rispettivamente il tuo passato e il tuo presente nel mondo del volo. Lo spillone è stato quello della tua prima assegnazione ai reparti dell’Aeronautica Militare, dove sei inoltre stato l’ultimo pilota ad essere qualificato su quel velivolo, l’M345 è invece il velivolo che ti ha visto impegnato come Project Test Pilot negli ultimi anni. Cosa pensi di questo salto tecnologico e in cosa si concretizza per il pilota, come caratteristiche del volo e svolgimento della missione?

Sull’F-104, il ben noto “Spillone”, in verità non posso dire di avere vasta esperienza, ma di sicuro quella che ho mi è servita molto! Ho fatto qualcosa come 150 ore sul “chiodo”, prima che venisse radiato, ma il bassissimo livello tecnologico disponibile associato a quelle incredibili prestazioni, creavano la necessita di imparare (e molto alla svelta!) a sopperire alle numerose mancanze che un progetto così estremo doveva necessariamente presentare. Anzi, alcune soluzioni tecniche per facilitare la vita del pilota erano geniali, ma al giorno d’oggi non sarebbero minimamente certificabili o accettabili da nessuna Forza Armata.

Un aereo come il M-345, che vola in un ruolo completamente diverso dal F-104, è progettato e sviluppato in un senso totalmente opposto. Quello che viene inserito a bordo, va nella direzione di massimizzare ciò che il pilota deve imparare per la sua futura missione ed impiego. Tutto è concepito per la massima costo-efficacia addestrativa e per la transizione più morbida possibile sui velivoli più complessi.

Sembra strano, ma mentre cinquanta anni fa si inchiodava la configurazione di un velivolo ed i piloti venivano selezionati in base a chi si adattava meglio a quella configurazione, adesso facciamo in modo che sia il velivolo che si adatti alle caratteristiche della missione da eseguire.

Questa è un’enorme differenza nel mestiere che faceva il mio collega Test Pilot negli anni ’50, rispetto a quello che facciamo noi oggi.

C’è un grosso lavoro, sia su M-345 che su M-346 nel capire come, col minimo costo e con il minimo sforzo, il pilota possa massimizzare quello che immagazzina come esperienza da utilizzare nelle operazioni reali. L’avionica, tutta Leonardo, del M-345 ne è un esempio: l’abbiamo fatta diventare “touch”, con pagine a scorrimento laterale, perché ci siamo adattati noi alle nuove generazioni dì ragazzi che nascono con lo Smartphone in mano, e non viceversa.

Il risultato è lo sviluppo di due piattaforme, M-345 ed M-346 che insieme al proprio sistema addestrativo a terra sono in grado come nessun’altra oggi di sfruttare lo state of the art tecnologico per la massima qualità nella formazione dei piloti destinati ai velivoli da difesa di attuale come di futura generazione.

Aermacchi M-345
Aermacchi M-345

Chi ti segue sui social sa bene che oltre al lavoro voli per passione, spesso in montagna e con aerei leggeri e ultraleggeri. Cosa ti da un velivolo di aviazione generale che non ti da un velivolo supersonico o ad elevate prestazioni?

Come dicevo all’inizio, non ne faccio mai una questione di aviazione di serie A, B o C. Io sono un privilegiato a poter frequentare una aviazione ad accesso estremamente ridotto come quella militare, ma ho imparato tantissimo anche dalle esperienze di aviazione generale. Con gli aerei ho fatto di tutto, da campionati di acrobazia, a viaggi lunghissimi, ad atterraggi in posti improbabili. Ci sono cose che mi sono piaciute e tantissimo e che continuo a fare, altre molto meno e che infatti ho smesso di fare.

Negli ultimi anni, il mio amore per la montagna unito a quello per il volo mi ha portato ad avvicinarmi alla specialità del “volo in montagna”, appunto. Il C.te Luca Fini, pilota di linea e massimo esperto ed esaminatore di questa specialità, insieme al mio socio di comproprietà di un ICP Savannah Marco “Ragno” Bulgheroni, mi hanno trascinato in questo mondo incredibilmente diverso da tutto quello che avevo pur fatto in passato.

Posso dire una cosa: è difficile, per tanti motivi, dalla tecnica di volo a quella legata alla valutazione dei fattori ambientali. Atterrare con gli sci su un ghiacciaio è una cosa tutt’altro che da lasciare al caso.

Mi affascina questa sfida in un campo che conosco ancora poco, ma posso dirvi che l’emozione di poter mettere le ruote, o gli sci, in zone intoccate dall’uomo –  sempre non solo nel massimo rispetto di regole molto rigide che armonizzano il settore, ma anche in quello della Natura (che da montanari appassionati difendiamo alacremente) – dà una soddisfazione che trovo di pari dignità rispetto a quella di concludere in modo soddisfacente la rimessa da una “departure” da volo controllato durante la sperimentazione in volo.

Il volo in montagna peraltro è frequentato da pochissimi preparatissimi amici, da molti professionisti del cielo (il C.te Delmastro, altro caro compagno di avventura, Comandante di Linea ne è un altro esempio) proprio perché ti mette davanti ad evidenze piuttosto secche. Una sfida che è bene sapere se si vuole o meno affrontare e che – come facciamo tutti noi – deve indurti più alla rinuncia in caso di condizioni dubbie che a continuare nella tua decisione iniziale.

Da poche settimane la tua mano è passata da una cloche ad una penna – o meglio una tastiera – e le tue esperienze stanno diventando importante materiale per giovani e non solo, appassionati e piloti. Cosa racconti con il tuo blog Jack’ s Airplanes?

 Jack’s Airplanes nasce da due esigenze: la richiesta di molti conoscenti e amici di mettere giù, ogni tanto, due righe di consigli tecnici (ma non troppo) riguardo a valutazione di aerei, tecnica di volo o racconti; l’altra, è la mia personale esigenza di tornare a fare divulgazione aeronautica, come facevo proprio con questo pseudonimo per le riviste dell’amico Rodolfo Biancorosso, ora direttore ed editore di VFR Aviation.

Nel periodo che abbiamo passato insieme a provare e scrivere di aeroplani, ho imparato moltissimo di come i piloti di aviazione generale e leggera vogliano sentirsi dire le cose.

Devi avere una sensibilità nel farlo, devi conoscere il settore ed i suoi protagonisti. Non funzionano i curriculum, né le imposizioni da superiori autorità. Il mondo virtuoso, vivo e coloratissimo dell’aviazione leggera va consigliato e portato per mano guadagnandoti la sua fiducia da solo.

Proverò a riproporre questo concetto anche con il mio Blog, che rimarrà semplice, in inglese (per alzare un po’ la voce oltralpe) e magari volutamente non sempre “politically correct”, ma – vi prometto –  sempre molto pratico e diretto.

E’ in fase di lancio anche un canale YouTube associato, che mira soprattutto a catturare i più giovani. Vediamo come va!


Due articoli di Jack che vi suggeriamo. La sua grande esperienza e la sua bravura nel trasmettere le cose attraverso un testo, rendono ogni suo articolo di piacevole lettura.

Imbardata inversa articolo Jack Iannelli
Savage Norden Jack Iannelli

Concludiamo con una domanda che mi viene spontaneo fare…tra gli oltre 100 aerei che hai pilotato, in oltre 4000 ore di volo, quale ti è rimasto di più nel cuore?

Qui deludo sempre tutti, ti avverto. Io ho questa caratteristica: non mi innamoro degli aeroplani, ma di quello che riescono a farmi fare ed esprimere.

Bob Hoover, una ispirazione per me (ed al quale non intendo minimamente confrontarmi), eseguiva lo stesso,  programma acrobatico con un P-51, con uno Shrike Commander bimotore, con un SaberLiner e con un F-86. Bè, gli spettatori ai suoi Airshows non guardavano gli aerei fare quelle cose meravigliose, ma ammiravano attoniti quell’omino, bravino, col cappello di paglia. Che ne fossero consapevoli o no.

Il bello di saper capire un aereo – come mi hanno insegnato e come continuo ad imparare – è proprio quello di staccarsi dal concetto dell’aereo in sè stesso, di attribuire al velivolo la capacità di poter eseguire un task, una manovra, una missione in particolare. Valuto quanto efficacemente un velivolo mi permette di fare un task e quindi lo scelgo o meno per eseguirlo.

Un Eurofighter è un velivolo di per sé meraviglioso da volare. Ma se tentassi di metterlo su un ghiacciaio? Bè, non mi piacerebbe più, molto probabilmente. Ed allora sul ghiacciaio ci vado col mio Savannah da poche migliaia di euro e anche poche decine di chilometri all’ora…. evitando decisamente di portarlo in dogfight, dove salirei volentieri nuovamente a bordo del caccia europeo.

Ecco, questo mi impedisce – e la ritengo una poco poetica personale fortuna – di farmi catturare dalle caratteriste di un aereo piuttosto che un altro.

Adoro però i momenti che passo in volo. I tramonti dei rientri dalla Sardegna nel tardo pomeriggio a FL400, o le ruote che si posano in pendenza a Chamois. I laghi del Nord mentre spiarlo in termica, o le scie di condensa che escono dalle tip delle ali a 8g.

Si certo, devo scegliere mezzi differenti da attribuire ad ogni momento. Ma alla fine, chi vive il momento davvero, sono solo io….

Ringraziamo Jack Iannelli per la disponibilità nella realizzazione di questa intervista. Un ringraziamento, per la cortesia e il supporto, va inoltre a Ignazio Castrogiovanni ( Communication – Media HUB di Leonardo)

Author: Luca Ocretti

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