Fiat G-91 – racconto “un giroscopio tra le nubi”

Fiat G91 2-35 in volo

La serie delle lunghe bande bianche, dipinte sulla testa pista 25 di Treviso Sant’Angelo, sono sotto i nostri due Gi, allineati per un decollo a 5 secondi l’uno dall’altro.

Le lancette degli strumenti motore, durante gli slams, sono guizzate sugli esatti valori nei tempi giusti, dimostrandoci che le nostre due turbine godono di ottima salute e pronte a scattare ”mordendo“ la maniglia gialla e nera del freno tirato.

Non mi resta altro da fare che la chiamata radio:

– Treviso Torre, missione Alfa pronta al decollo! –

– Autorizzati, Alfa. Vento calmo. –

Faccio roteare il pugno chiuso, della mia mano destra, con l’indice alzato per comunicare al mio gregario di dare tutto motore.

Porto avanti la manetta, premo i freni sulla pedaliera per tirare le briglie di Gi, mentre rilascio la maniglia del “freno parcheggio”, in alto a destra, sul cruscotto.

Tutta la potenza della turbina è scaricata sull’ammortizzatore del carrello anteriore, ora tenuta a bada dalla punta dei miei calzari da volo.

Pronto come una freccia che sta per essere scoccata dall’arco in tensione, da sotto la mia scura visiera, guardo il compagno del tettuccio accanto, pronto ad abbassare il casco, per indicargli l’esatto momento in cui lascerò Gi libero di divorare la pista.

Ma… c’è sempre un ma…

Vedo che il mio numero due fa scorrere la mano davanti alla maschera e subito dopo su di un auricolare: è il segno convenzionale della avaria radio!… e te parevaa…!!! Come si dice in francese!

Entrambi riduciamo la manetta su idle.

Comunico alla Torre il problema del gregario e chiedo lumi alla Sala Operativa di Gruppo.

Non posso aspettare, consumerei troppo carburante ritornando al parcheggio, ad attendere che il gregario riacquisti voce e udito, senza contare che il TOT sarebbe andato ad incontrare audaci e disinibite donzelle!

Dopo 30 secondi, saluto il mio sfortunato compagno, e mi ritrovo col carrello retratto nel blu dipinto di blu! A dire la verità non sono propriamente immerso nel l’azzurro… anzi mi sembra abbastanza grigia questa mattinata di ottobre!

La copertura è bassa, ma la visibilità è ottima sotto la coltre ininterrotta di nubi.

Gi ed io, ormai soli soletti, dobbiamo effettuare delle riprese fotografiche su di un pianoro dalle parti di Pennabilli, ridente paesello immerso negli Appennini, ad una ventina di miglia a est di San Marino.

I “verdoni”, nostri carissimi amici dell’Esercito, hanno chiesto l’intervento di noi “azzurri” per una manfrina con la presenza di grossi “papaveri”.

C’è da fare un po’ di “scena”, e la nostra macchina da ripresa frontale è l’ideale per immortalare i visi e i nasi all’insù della gente che si sta godendo qualche “basso” passaggio sulla zona dello schieramento.

Proseguiamo tranquilli, senza nessun problema, fino al sorvolo del Punto Iniziale dove avrei dovuto cominciare la corsa di attacco, arrivando da sotto il costone, e alle spalle dello schieramento, con la manetta tutta aperta e con l’anemometro quasi a fondo corsa.

Evidentemente più stellette si hanno sulle spalline della divisa e meno ci si ricorda che gli aeroplani, per volare, hanno necessità di consumare carburante che, da che mondo è mondo, cala drasticamente nei serbatoi anche nei minuti usati per i discorsi di saluti, i ringraziamenti ed i convenevoli d’occasione.

Ho ottime ragioni per pensare che, sulla spianata che dovrei raggiungere, ci dovrebbe essere stata la presenza di una galassia di stelle e greche, considerando che il ritardo del mio intervento, comunicato dall’ufficiale di collegamento dell’Esercito, sarebbe stato di circa 15 minuti.

Non mi resta altro da fare che circuitare, armato di santa pazienza, riducendo alla velocità di massima autonomia oraria e tenendo a freno la voglia di scalpitare di Gi.

Nel frattempo pianifico il da farsi alla luce di questa nuova situazione, compresa l’eventualità di atterrare a Cervia, l’alternato più vicino.

Finalmente le parole possono lasciare posto ai fatti per cui, una volta autorizzato in frequenza dall’amico di colore verde mimetizzato, dò un colpo di speroni a Gi .

Pancia a terra e veloci come lampi, anzi come Guizzi, raggiungiamo il costone alla sommità del quale dovremmo trovare il nostro obiettivo.

Ci siamo!

Un attimo prima di attraversare, in salita, la sommità del pianoro, rovescio il velivolo “tirando” il musetto di Gi verso il basso, facendogli puntare lo schieramento. L’entusiasmo con il quale l’amico appiedato lancia in frequenza un semplice “bellissimo” mi conferma che l’ingresso in scena, con l’effetto sorpresa, è pienamente riuscito.

Effettuo una decisissima richiamata, tanto per far lavorare anche la lancetta del gimetro e la valvola della tuta anti-g.

Col muso ben alto sull’orizzonte, inclino a sinistra, per poi raccordare il successivo passaggio verso destra.

Un ultimo controllo al quadretto delle macchine fotografiche, metto nel collimatore la tenda del “Quartier Generale”, schiaccio il pulsantino rosso alla base della cloche, e i fotogrammi della pellicola, srotolati velocemente nella frontale, immortalano lo stupore dei presenti.

Non posso più rimanere! La bocca spalancata di Gi, nel frattempo, ha divorato un’enorme quantità di aria e la vorticosa turbina s’è bevuta una altrettanto importante quantità di kerosene.

Lascio la zona del targhet, ricevendo ancora una volta i complimenti per l’intervento, dirigendomi verso nord. Il carburante a bordo mi permette di raggiungere “casa” a patto di salire di quota.

Chiedo a Jerry Controllo di aprire un piano di volo, con regole strumentali, autorizzando il mio inserimento a livello di volo 250 sul radiofaro di Chioggia, per poi proseguire verso Treviso.

Jerry autorizza, dopo averci identificati.

Approfittando dell’ottima visibilità, che tra poco sarebbe svanita, sintonizzo l’NDB e riallineo l’orizzonte artificiale, precessionato durante le manovre tirate nella manfrina precedente.

La copertura del cielo, durante tutto il tempo del volo, è sempre stata totale.

La base delle nubi è alta, ma dalle informazioni meteo ricevute durante la pianificazione della missione, anche la loro sommità dovrebbe essere altrettanto alta, per cui mi sarei fatto sicuramente un bel po’ di volo strumentale.

Abbandono il volo a vista, imposto l’assetto a cabrare per mantenere i parametri di salita e dopo poco la lattigine bianca ci avvolge.

D’ora in poi mi devo fidare solo degli strumenti incastonati nel cruscotto, davanti ai miei occhi, eseguendo un continuo e veloce controllo incrociato. Mi è sempre piaciuto il volo strumentale, per me è come ritornare sui banchi di scuola, quando mi trovavo solo, davanti ad un foglio di carta bianco, per risolvere un problema di algebra o sviluppare un tema di italiano.

Ora la mia aula è il tettuccio d Gi, il mio banco è il Martin Baker, la mia penna è la barra di comando e, invece del foglio bianco, ho una serie di indicatori e di orologi, da tenere assolutamente in ordine.

Il mio compito in classe, ora è quello di controllare le tre dimensioni dello spazio e di rimettere il carrello di Gi sulle lunghe strisce bianche del pettine della pista di Treviso. L’inizio di questa parte del volo si svolge nel migliore dei modi: velocità in salita stabilizzata, prua diritta sul radiofaro di Chioggia e strumenti motore nei limiti.

Mi accorgo che, nonostante le barrette fluorescenti dell’orizzonte siano stabili e ferme, devo dare motore per mantenere i 300 Nodi di velocità, e contemporaneamente inclinare le ali di Gi per tenere in prua il radiofaro.

Subito ho la brutta sensazione di essere entrato in ”vertigine”, esattamente come quando, seduti sulla poltrona di un treno fermo in stazione, si ha la percezione di muoversi mentre, in effetti, è la carrozza accanto che sta partendo, mentre la nostra è ferma.

Immediatamente, dopo questo fastidioso disagio, intuisco che c’è qualche cosa di ben più grave che non va, e la scossa sotto la lingua me ne dà la conferma!

Ormai ho quasi tutto motore dentro, senza nemmeno un giro di turbina in più a disposizione!

La lancetta dell’altimetro accelera la sua rotazione in senso orario, la paletta è tutta inclinata da una parte, il variometro è a fondo scala a salire!

Sono in posizione inusuale con muso alto in condizioni di volo strumentale! Accidenti!

Ne ho risolte tante di queste situazioni durante l’addestramento, ma ero seduto nel posto posteriore di un GiT o di un Macchino con un bell’Istruttorone davanti e in aria chiara.

Realizzo che l’orizzonte artificiale mi ha subdolamente abbandonato pugnalandomi alle spalle!

Ho paura!

Ho paura di non farcela questa volta, e penso seriamente di affidarmi ai razzi del seggiolino.

Ancora una volta il tempo si dilata e mi vengono in mente le missioni alla SCIV di Grottaglie, coperto da una tendina, e con il cruscotto ridotto da una serie di mascherine, potendo cioè contare solamente sulle indicazioni dell’altimetro, dell’anemometro, del viro sbandometro e della bussola!

Ho guadagnato un bel po’ di quota nel frattempo, quindi posso provare a fare qualche cosa prima di prendere altre “esplosive“ decisioni.

Non riuscivo a capire chi facesse più rumore fra i battiti del mio cuore, sostenuti da fiotti di adrenalina, e il rumore della turbina!

Le sensazioni, che il cervello riceve dal mio corpo, si accavallano con la spasmodica lettura del movimento, apparentemente illogico, delle lancette sugli orologi davanti a me!

Il cruscotto sembra improvvisamente impazzito e fuori controllo.

Devo assolutamente mettere in ordine tutto quanto nel più breve tempo possibile usando quello che di sicuro mi rimane a disposizione!

Sto sudando freddo, ma Gi, come al solito mi sta dando una mano: l’inclinazione alare mi permette di fermare il guadagno di quota e la diminuzione della velocità! Se in queste condizioni faccio stallare il velivolo sono davvero spacciato!

Le indicazioni dell’altimetro e del variometro mi confermano che sto puntando in basso, verso la Madre Terra.

Non devo aver fretta di correggere altrimenti potrei entrare in controfase.

Mi concentro sul viro-sbandometro e, con movimenti lenti, cerco di posizionare la paletta sul riferimento centrale fisso.

Sono riuscito a mettere le ali di Gi diritte mantenendo una prua, della quale, in questo momento, non mi può fregar di meno, ma comunque costante e con il muso basso .

– “Ora manetta in tasca… non dare troppo retta al variometro.. lui è sempre in ritardo… tira e ferma l’altimetro“ – mi ritrovo a parlare con me stesso.

– “Stai tranquillo, amico mio, ora so perfettamente come siamo messi!” – continuo.

– “Abbiamo le ali livellate, prua verso sud, con una discesa finalmente controllata… se le cose non sono nel frattempo cambiate, fra poco usciremo da questo pasticcio!”-

Un attimo dopo attraverso il confine della latitudine che si allontana rapidamente sopra di me.

Quanto è bello rivedere l’orizzonte naturale: bello, definito, rassicurante, assolutamente certo! Tiro un lungo sospiro di sollievo, guardo il paesaggio sottostante, istantaneamente le paure scompaiono, il cervello si resetta, gli otoliti ritornano a fare il loro lavoro… e mi accorgo di essere completamente inzuppato di sudore!

I battiti del cuore stanno rallentando!

Ho bisogno di qualche attimo per realizzare che anche questa volta Gi ed io ce l’abbiamo fatta.

Guardo quel disgraziato di orizzonte artificiale, ora quasi completamente capovolto!

La proverbiale matematica fissità dei giroscopi questa volta mi ha tradito!

Naturalmente non ci penso nemmeno 10 secondi nel comunicare a Jerry Controllo di annullare la mia richiesta precedente, confermando, invece, la decisione di dirigermi verso l’aeroporto di Cervia.

Le lunghe strisce bianche, che accolgono con uno sbuffo le tre ruote del carrello di Gi, non sono quelle di casa, ma vi posso assicurare che, Gi ed io, le abbiamo viste ugualmente con enorme sollievo.

Lo strappo del parafreno ha messo la parola fine a questa avventura.

Trotterellando fino al parcheggio ripenso a quegli interminabili momenti passati lassù come un piccolo puntino impazzito immerso nella vastità del nulla. Ho voglia di mettere i piedi per terra il prima possibile!

Il Capo Velivolo della Collegamenti posiziona le spine di sicurezza al loro posto nel Martin Baker e, prima di scendere la scaletta, passo una mano sul cruscotto di Gi:

-“Rilassati anche tu, amico mio! Dopo pranzo ritorniamo a casa!” –

Quale miglior occasione di questa per riabbracciare l’amicissimo Beppe “Kabul”, rientrato al 101° Gruppo a fare il mestiere dei “Lampi”!!!

L’orizzonte traditore è stato sostituito con uno destinato al G91T in uso alla Collegamenti di Cervia, e il conto spedito direttamente a Bepi, nostro Ufficiale Tecnico al 103°!

Tutto è bene quel che finisce bene e… occhio ai giroscopi!

Si ringrazia per la condivisione il Ten. Col. Mario Antognazza, pilota di G-91 presso il 103 gruppo del 2′ stormo di Treviso dal 1974 al 1989.

Foto di copertina copyright sconosciuto – pubblicata sul gruppo FB “Piloti di G91 Y-R-T-PAN” da Mario Antognazza

Author: Luca Ocretti

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