AB205 – racconto “Caro Huey” di Stefano Rovelli

L'ultimo solo sullo Huey dell'AVES di Stefano Rovelli


Eccoci qui, in questa mezza mattina di un lunedì di ottobre, sul piazzale di volo. Tu, elicottero attempato, ma ben efficiente e pronto al volo; io, attempato pilota in procinto di farti volare.

Missione addestrativa di routine, non fosse per il fatto che per me questo è l’ultimo volo militare prima di lasciare il servizio attivo, dopo trentasei anni e tremilatrecento ore, quasi tutte insieme a te e ai tuoi simili.

Sono qui con buon anticipo, per controllarti con calma, e per controllare anche me stesso, per capire cosa provo in questa particolare occasione.
Salgo sul cielo cabina e inizio con i controlli al rotore.
Sfioro con immenso piacere ogni parte, meravigliandomi sempre di come ti abbiano costruito. Le pale sono lunghe, robuste e lucide.

Scendo, faccio con cura il giro esterno, godendo di quel misto di odori familiari di vernice, carburante, primer, che mi accompagna da tanto tempo.

Salgo in cabina, guardando quell’insieme quasi vintage di strumenti e comandi, breakers, lampadine e interruttori che mai ha creato problemi.
Nella sua semplicità ci ha accompagnato in mezzo mondo.

Abbiamo navigato senza alcun ausilio che non fosse bussola e orologio, cartine alla mano, lì dove le radioassistenze non c’erano proprio e il GPS era ancora di là da venire.

Aggiusto i comandi, regolando pedaliera e sedile. Carico l’orologio e regolo l’altimetro. Approfitto dell’anticipo per indossare a dovere il flight jacket, controllo il casco e attendo che arrivino i tecnici.
Dopo poco il mondo si risveglia, ed ecco arrivare il mio comandante di velivolo, fratello di corso assegnatomi, con mio immenso piacere, per questa missione.

I due tecnici salgono a bordo e iniziano a sistemarsi, li seguiamo allacciando le cinture.

Semplici, i controlli, il rumore del gruppo precede l’alimentazione elettrica e tutto inizia a vivere. Con pochi gesti lo starter fa sibilare la turbina, e si comincia.

Giri a regime, controlli, occhio al marshall, comunicazioni alla torre e siamo pronti.
Alzo con dolcezza il collettivo, ed ecco che ci si ritrova in hovering… è ogni volta un’emozione unica, dominarti, e presto siamo in pista, allineati. Senza usare ulteriore potenza, ti faccio traslare in avanti, e appena la velocità sale la portanza di traslazione ci fa decollare.

Se ho fatto tutto come si deve saliremo a 500 piedi al minuto e 70 nodi, vedo con soddisfazione che ho rispettato i parametri, in poco siamo alla giusta quota, e si va in zona.
Manovre, atterraggi, decolli, il greto del grande fiume ci accoglie, i tecnici lavorano per coordinarsi e io ti porto in giro cercando di far bene ogni cosa.

Quanto mi piace farti volare, anche le inevitabili vibrazioni mi trasmettono la gioia di avere tra le mani una macchina completamente manuale: nessuna stabilizzazione, nessun autopilota, solo io e te che ci parliamo, mentre le lancette ci aiutano a mettere i parametri a posto.

Ascolto le mie emozioni, e mi rendo conto che è tutto normale… nulla di particolare.
Si cambia zona, riguadagnando quota.
Bella la pianura, la conosco bene oramai.

All’improvviso è come se sentissi una presenza, oltre a noi, e mi vengono in mente i miei genitori, mio fratello, amici, colleghi e tanti altri che oggi sono dall’altra parte.
Quanti di loro avrei voluto con me in volo, e che non ho potuto portare, e quanti invece hanno pazientemente condiviso i miei voli, e con quali paure, emozioni, difficoltà… e mi ritrovo pieno di lacrime, senza respiro, protetto in questo scoppio di emozione dalla celata del casco, non voglio che mi vedano piangere.
Dura un minuto, ma è un minuto intenso, lacerante, infinito.

Eddai, soldato, non è niente, adesso passa, sei ai comandi.
Passato, ora di rientrare e nessuno pare essersi accorto; vivo ogni attimo di quei pochi minuti con intensità e quando poggio i pattini a terra l’accoglienza del Gruppo cancella, in un attimo, ogni tristezza.

Amato Huey, è fatta. Per fortuna manca ancora qualche settimana al vero addio. Poi, però, ogni volta che sentirò il tuo flappeggio, il mio cuore batterà forte, e i miei occhi ti cercheranno sempre, alzandosi ogni qualvolta mi passerai vicino.

Stefano Rovelli, ora in pensione, è stato un pilota dell’ Aviazione dell’Esercito Italiano.

Ha oltre 3300 ore di volo su elicotteri AB204 e AB205, anche in missioni estere quali Albania, Kosovo, Namibia e Libano.

Ha prestato servizio presso il 20° GrSqd ALE “Andromeda” di Pontecagnano, 4° Rgt. AVES “Altair” di Bolzano, il 1° Rgt AVES “Antares” di Viterbo, il 7° Rgt AVES “Vega” di Rimini e il 5° Rgt. AVES “Rigel” di Casarsa

Si ringrazia l’autore Stefano Rovelli per la condivisione di questo racconto, precedentemente pubblicato su una rivista del settore.


Leggi anche il nostro articolo “UH-1 HUEY, un 60enne su cui contare” cliccando qui

Author: Luca Ocretti

Fondatore e amministratore di AvioHub.it. Visita la sezione "Chi Siamo" per saperne di più